Il famoso caso di Ellen West, morta suicida a 33 anni dopo diversi anni di analisi, ospedalizzazioni e ricorrentiinterventi medici segna il confine, la necessità di aprire lo sguardo oltre l’individuo, alle sue relazioni familiari e contestuali.
Della giovane Ellen, non conosciamo nulla della sua storia, esistono delle ricostruzioni fatte a posteriori e quindi inutiliper il processo diagnostico, vengono fatte diverse ipotesi intrapsichiche: anoressia, melanconia, isteria, bulimia, ma nessuna delle quali la immagina inserita nell’universo delle sue dinamiche interpersonali.
Mente e corpo sembrano, fino a qua, entità distinte e separate dal contesto d’appartenenza. Questo è tipico della strutturalineare che dominerà il campo medico, comportamentista psicodinamico per diversi anni.
Tale struttura, racchiude tutti gli approcci che si focalizzano sul paziente singolo e sui suoi sentimenti, la pazienteanoressica, in tale struttura viene qualificata come: indifesa incompetente e dipendente dai suoi genitori.
Il modello medico, esplora e tratta le risposte organiche, mente e corpo sembrano non dialogare.
Più tardi, Il modello psicodinamico, comincerà a riconoscere le interazioni tra aspetti psicologici e fisiologici e qui, e i inizierà a parlare di malattia psicosomatica. Certi tipi di emozioni e quadri di personalità specifiche, mescolandosi condeterminate risposte organiche, del sistema endocrino e nervoso, in un contesto stressante, davano vita acomportamenti disfunzionali.
Sebbene l’importanza del contesto e delle relazioni iniziassero a farsi posto tra i modelli, erano visti ancora comeelementi marginali, schiacciate in una logica lineare di causa ed effetto.
In linea con questa logica, anche il modello comportamentista, si concentra su come l’individuo fa o non fa una cosa, allo scopo di modificarne il comportamento; formulando programmi fatti di rinforzi o di estinzione. Ma spesso accadeva che il comportamento, ad esempio di una persona anoressica, poteva essere modificato, solo in un ambiente protetto come l’ospedale.
Il terapeuta comportamentista rivolge la sua attenzione al come e la rimozione del sintomo creando alcune condizioniparticolari determina la riduzione dell’ansia. I programmi comportamenti sono protocolli manualizzati e stabiliti.
Il terapeuta si assume tutta la responsabilità, ma organizzare e dare luogo a situazioni che favoriscono l’apprendimentosignifica secondo lui, stare fuori dal sistema di cura, in una posizione di scienziato obiettivo.
Spostandosi dai comportamenti alle rappresentazioni, al modo interno, ‘entrerà in scena’ la psicoanalisi. Essa ricerca il locus del problema, nell’individuo, che diventa, dapprima l’unica unità d’intervento, per poi aprire, secondo lapsicoanalisi interpersonale, alle relazioni. Sebbene il fulcro d’interesse e intervento restino sempre le rappresentazioni ele interazioni.
Levenson propone tre modelli che sono stati incorporati nel pensiero psicoanalitico e ne mostrano i cambiamenti nel tempo. Infatti la visione psicodinamica oggi è intesa come un ‘collage’ dei tre paradigmi.
Secondo Levenson alla psicoanalisi classica sottende un paradigma dell’energia, dove l’uomo è concettualizzato come una macchina che va avanti ad energia. Ma come una macchina può fermarsi (fissazioni) e si può rimettere in moto epuò anche tornare indietro (regressione).
La regressione è l’ultima immagine meccanicistica, ma in una prospettiva basata sul tempo come si può tornare indietro? È un operazione impossibile ed infatti gli eventi investiti di energia rimangono nell’inconscio.
Successivamente, i nuovi clinici psicodinamici, aprono a nuovi scenari ammettendo nuovi significati ma finiscono spesso per rimanere ancorati a una visione lineare e limitata.
Nel secondo paradigma, proposto da Levenson, si vede un’apertura. Nel paradigma della comunicazione, influenzati dalla cibernetica alcuni psicoanalisti pongono la loro attenzione alla teoria dell’informazione e iniziano a parlare di rapporto interpersonale tra paziente e terapeuta e si passa al concetto di elettronica.
Ed infine il terzo paradigma quello dell’organismo, si ‘accoda’ allo studio di Bertanlafy, sulla teoria dei sistemi viventi. Il modello dell’organismo, esce dalla struttura lineare e considera l’uomo come un sistema attivo di personalità immerso in una trama di rapporti con il suo ambiente.
I diversi psicoanalisti nel percorrere questa strada di sviluppo, si sono ‘fissati’ in qualche punto di essa a secondadell’approccio scelto.
La Brunch, appartenete alla scuola interpersonale, esclude dall’analisi della storia anoressica, il rapporto tra madre e figli nel qui ed ora e si interessa solo al loro rapporto primario.
Alcuni terapeutici psicodinamici, intervengono nel sistema inteso come un intero in nome del ‘managment’ e con lo scopo di cambiarne le interazioni.
Mara Selvini Palazzoli, in linea con il paradigma della comunicazione, esprimeva il locus della patologia dal punto di vista comunicazionale, accettando che l’anoressia mentale fosse un fenomeno di regolazione interpersonale.
Il processo di cambiamento per il modello psicodinamico, sta nel se espanso che deve tendere a riconoscere il rimosso.
I terapeutici psicodinamici sono orientati alla totale crescita psicologica. Le procedure di trattamento, in teoria sonoaspecifiche e la remissione del sintomo è un prodotto secondario. Il terapeuta in linea al paradigma dellacomunicazione spinge l’individuo a una regressione per determinarne una ricostruzione storica, dove tale proiezione, determina l’insight e la cura. Viene di gran lunga usata l’interpretazione e il terapeuta si fa portavoce di tale esercizio erimandarlo all’individuo. Esso però si pone fuori dal sistema terapeutico.
Nettamente diversa è la posizione del terapeuta sistemico, egli si considera parte del sistema terapeutico la sua partecipazione gli permette di modificare le transizioni in atto, è attivo e intrusivo.
Salavor Miunchin, in questo libro ci presenta il modello sistemico al quale lui farà riferimento per studiare le famiglie psicosomatiche.
Modello sistemico, propone un movimento, la struttura circolare, di parti che si influenzano a vicenda. Il sistema, lafamiglia può essere attivata in molti punti nei quali operano dei meccanismi retroattivi di feedback, tale attivazione e la conseguente regolazione, può essere attivata dai membri del sistema o da forze esterne. Ognuno ha un ruolo nel sistema c’è chi partecipa, chi osserva, chi determina certi movimenti o chi ancora li influenza, un comportamento è causato ecausativo. Il fascio di luce che può rappresentare il campo d’indagine è qui aumentato, tutti sono sotto l’occhio dibue: l’anoressia mentale, è definita non solo dal comportamento di un membro della famiglia, ma anche dalle interrelazioni di tutti i membri. L’unità d’intervento potrà essere la famiglia o le diverse sotto-unità (unità di uno), il locus della patologia verrà ricercato e spalmato sul paziente nel suo contesto familiare e il processo di cambiamento mette al centro la trasformazione del sistema e opera sulle transizioni.
Minuchin, ideatore dell’approccio strutturale della terapia familiare, presso l’ospedale pediatrico di Filadelfia, rivolse studi pionieristici a tre specifiche patologie: asma, diabete e anoressia. Per quanto concerne il diabete Minuchin e collaboratori hanno evidenziato che alcuni patterns d’interazione familiare erano vissuti come stressanti dai bambini diabetici. Ciò causava un aumento degli acidi grassi liberi (FFA) e portava alla chetosi diabetica. Rese noto
che il conflitto interpersonale può portare ad alerting emotivo, rilascio di catecolamine ed incremento di zuccheri nel sangue nei familiari diabetici.
Il modello psicosomatico, viene ‘attraversato’ dapprima, dalla visione e strutturazione lineare, come dimostra lo studio sui FFA dove venivano messi a confronto i livelli di acidi grassi liberi in bambini diabietici, in condizioni di stress, enon stress.
Nella sua ricerca sulla famiglia diabetica, Minuchin individua tre condizioni necessarie per lo sviluppo e ilmantenimento di gravi problemi di salute nei bambini: un certo tipo di organizzazione che incoraggia la somatizzazione, il coinvolgimento del bambino nel conflitto parentale e la vulnerabilità fisiologica del bambino.
Minuchin e il suo gruppo misero in evidenza come la risposta familiare possa avere un effetto negativo sul sintomo.Così il modello psicosomatico approda definitivamente all’approccio sistemico e alla struttura circolare.
Ed è proprio con lo studio sull’anoressia che Minuchin affina la sua descrizione della ‘’famiglia psicosomatica’’; nella famiglia o meglio il sistema anoressico, egli riconosce dapprima quattro caratteriste salienti .
Il primo consiste nell’invischiamento o ipercoinvolgimento dei famigliari, esito di confini diffusi, dove accadono situazioni in cui un membro della famiglia parla o risponde al posto dell’altro, sostituendo il proprio punto di vista a quello della persona interrogata, per evitarlo il terapeuta dovrà bloccare ogni intrusione e far rispettare turni e posizionialtrui.
La seconda caratteristica è l’iperprotettività, ciascun membro della famiglia sarebbe coinvolto in risposte protettive focalizzate su comportamenti di accudimento e nutrizione, il terapeuta sfida l’iperprotettività stimolando i menri di una famiglia a sostenere compiti e affrontare ostacoli in modo autonomo .
La terza caratteristica è la rigidità dei patterns relazionali che vengono ripetuti nel tempo determinando configurazionirigide le uniche ammissibili.
La quarta caratteristica sarebbe l’evitamento del conflitto o la sua non risoluzione: i membri della famiglia non sarebbero in grado di tollerare conflitti aperti.
Successivamente, viene aggiunta una quinta caratteristica: il coinvolgimento del bambino/a che presenta il sintomonella deviazione del conflitto, il terapeuta dovrà respingere ogni tipo di coalizione o strategia messa in atto per evitare il conflitto.
In sintesi la famiglia anoressica d Minuchin sarebbe caratterizzata da transizioni disfunzionali consistenti in dinamiche:d’invischiamento, ipervigilanza, preoccupazione intrusiva, iperprotettività e perfezionismo ossessivo.
Le famigliare presentano caratteristiche ricorrenti, esse si presentano come molto unite, iperprotettive, legate a modellidi relazione altamente invischiati.
La coppia genitoriale, cura molto il benessere dei figli e discapito del rapporto coniugale. La famiglia è vissuta come un’istituzione totalizzante ed indispensabile per la crescita dei singoli membri, i quali non sembrano trovare un loroposto preciso o una posizione, se non un’appendice subordinata unicamente alla famiglia.
Spesso la madre assume un ruolo dominante, mentre il padre ‘satellite’ sembra emotivamente assente: talvoltapalesemente sopraffatto dalla moglie, in altri casi da lei sostenuto nelle proprie funzioni genitoriali. In queste famigliela critica sembra invadere ed impedire l’elaborazione delle esperienze emotive dei membri in particolare dei figli.
Entrambi i genitori sembrano sacrificare il proprio spazio personale, la vita di coppia e anche la carriera lavorativa, ma non si sentono responsabili delle scelte comuni, sembrano in balia degli eventi tentano di gareggiare per una‘leadership’ negativa che assegna all’uno e all’altra il ruolo di vittima.
Questi comportamenti lasciano trapelare all’esterno l’immagine di unità, ma risulta essere solo di facciata, perché nasconde una profonda insoddisfazione.
Il sistema famigliare è ingabbiato in transizioni disfunzionali, non è in grado di modificarle.
La coppia genitoriale, incapace di confliggere tenta sempre, una volta raggiunta un’elevata intensità emotiva, diabbassare il volume, utilizzando la vittimizzazione e il senso di colpa di se e dell’altro.
Il conflitto, impensabile, viene evitato secondo tre modelli: la triangolazione, spesso anche del terapeuta, la coalizionedi un genitore e il bambino contro l’altro genitore, o la digressione.
L’invischiamento, in particolare, fa apparire i rapporti fra i membri della famiglia stretti, intensi di estrema prossimità, ostativo di ogni individuazione il bisogno del singolo, non viene colto o travisato e riportano a una lettura collettiva.
Tali caratteristiche e stili relazionali sono ricorrenti nel tempo, la loro ripetizione porta ad un aumento dell’intensità fino a cristallizzarsi e solidificarsi.
Si stabilisce un unico modello relazionale possibile, sorretto da un omeostasi rigida, senza possibilità di alternativa.
Nelle famiglie anoressiche, dietro alla gravità del sintomo sembra esserci un grande silenzio, durante i colloqui, sembrano non fare rumore, l’intensità sembra rimane bassa, punti di vista contrapposti vengono ripetuti assumono unritmo che soffoca le emozioni. Circolano comportamenti e agiti non mentalizzati, sembra impossibile meta comunicare, tutto viene indorato dallo sforzo e dal sacrificio proposto in nome del bene dell’altro.
Occorre prestare grande attenzione, essere elastici, non colludere perché la famiglia anoressica tende ad essere ingannevole, sotto la falsa immagine di coesione vengono soffocati, cementati, movimenti di individuazione e sperimentazione personale.
Il terapeuta sistemico, costruisce il sistema terapeutico vi si pone all’interno e dopo aver costruito un’alleanza con i menri della famiglia in modo intimo sceglie di volta in volta con chi coalizzarsi e chi sfidare, alcune volte detta le regole e altre diventa provocatorio. Alle volte rompe le coalizioni o ne crea di alternative, semina il conflitto, portaall’esasperazione, minimizza o amplifica certi comportamenti di sacrificio e di responsabilizzazione, fa si che circolinonuove transazioni.
Il programma di lavoro con le famiglie anoressiche proposto da Mnuchin e collaboratori alla clinica pediatrica di Filadelfia è articolato in diverse fasi.
Nella prima parte di valutazione, la paziente designata anoressica viene ricoverata per escludere eventuali causeorganiche della malattia, dopo di che in linea con il primo scopo, cioè di intervenire sul sintomo del rifiuto del cibo e far riacquistare peso corporeo, la paziente viene inserita in un programma comportamentale.
Tale programma viene stipulato con la dietologa, il pediatra e il personale sanitario dell’ospedale, esso ha durata diversa a seconda della gravità del sintomo e dell’obbiettivo da raggiungere e tramite ‘esercizi’ di contrattazione del cibo, la paziente inizia a sperimentare comportamenti di autonomia e di scelta guidata.
Durante questo periodo il terapeuta e la paziente si incontrano regolarmente, si conoscono, parlano e costruiscono unarelazione, fatta di rispetto reciproco.
Successivamente, verrà incontrata insieme alla famiglia, la prima seduta di terapia famigliare si svolge durante il pranzo.
Questo determina, secondo il loro modello, il momento cruciale della terapia, l’incontro con la famiglia, diventa il terreno dove mettere in campo le prime trasformazioni familiari, che a loro volta simboleggiano la formazionedell’alleanza terapeutica, requisito fondamentale per estinguere il sintomo familiare.
In prima seduta il terapeuta deve scegliere la strategia quale strada seguire: o iperfocalizzarsi sul problema del cibo o defocalizzarsi, se, un adolescente si mostra sufficientemente capace di ‘controllare’ il comportamento sintomatico di non mangiare ed esso cela nella sua storia un forte bisogno di autonomia, di differenziazione, il terapeuta, seguirà lastrada della defocalizzazione. Magari con pazienti più piccoli e meno esperti dovrà prima concentrarsisull’iperfocalizzazione del sintomo legato al cibo, per poi allargare il campo d’intervento.
Una volta raggiunto il peso stabilito, la paziente potrà tornare a casa, la fase ambulatoriale, prevede degli incontri conil terapeuta che deciderà di volta in volta se vedere la famiglia
insieme o dividerla in sottosistemi: coppia genitoriale, fratelli, parallelamente potrà essere necessario mantenere incontri individuali con la paziente anche a distanza dalla fine della terapia.
Lo scopo del terapeuta è quello di operare trasformazioni familiari, deve assegnare compiti e condurre i famigliari a sperimentare nuove configurazioni relazionali, tramite le parole, la ridefinizione e le esperienze concrete di spostamenti nello spazio, deve far circolare novità, ognuno deve essere attraversato dalla possibilità dell’alternativa.
Il compito più importante del terapeuta è la sfida, esso deve sfidare ognuna delle cinque caratteristiche dellafamiglia anoressica, perché come una reazione a catena, toccandone ogni volta una, cioè sfidandone le singolepeculiarità, verranno attivate e messe in moto anche le altre.
E’ come il pendolo di Newton, toccata e messa in moto una pallina (una caratteristica familiare) le altre palline (altrecaratteristiche) risentono del suo impatto e si mettono in moto.
A seconda della forza del movimento (la sfida del terapeuta) si generano determinati movimenti, diversi, però, maistravolgenti e qui sta il rispetto e l’attenzione personale al limite, a ciò che è possibile per l’altro, in modo da non essere intrusivi.
Il nuovo movimento sarà comunque legato all’assetto e alla propria storia.
Infatti alla famiglia non serve e non bisogna dare UN modello generico e prestabilito ma il PROPRIO modello.
L’efficacia degli interventi di Minuchin non erano tanto basati sull’ascolto dei vissuti, (venivano fatti più agire in modoconcreto che raccontare le loro storie), quanto sull’intervento sulle relazioni e sul fare esperienze.
Esso utilizza, la forza delle relazioni affettive per incidere sul comportamento, il terapeuta per essere efficace sembra basarsi non su un’intellettualizzazione ma sulla capacità di spiegare anche di cose astratte. Così viene percepito comeautorevole e alle volte anche autoritario.